SIAMO COME SIAMO

SIAMO COME SIAMO

Credo che ognuno di noi compia quotidianamente delle azioni salvavita nei confronti dell’universo circostante. Contare fino a 10 prima di assassinare qualcuno per esempio, fingere che il telefono non prenda più: “scusa ho la casa che sta entrando in galleria, onto, ento, spiac, ao”. Il tempo trascorso in macchina a fine giornata, dopo aver risposto a trantaduemila domande, ascoltato voci a ogni possibile volume, tre lingue diverse di cui due dovrebbero essere entrambe italiano, ma no. Il tempo che si frappone tra le domande lavorative e quelle personali. I secondi che occorrono per riporre virtualmente ogni arma da taglio, dal Miracle Blade nel suo ceppo, alla Katana nella sua preziosa custodia, tentare di respirare a pieni polmoni, mentre fuori piove o c’è il sole, spesso è buio, se ci va bene siamo ben nascosti e a nessuno occorre rapidamente quel parcheggio. Quello in cui infiliamo la mano destra in fondo al viso, fino alla base del collo e sfiliamo la maschera da giorno. Ma il gesto fondamentale non è quello, la vera differenza avviene un attimo dopo, se abbiamo un’altra maschera da indossare per quello che verrà, qualsiasi cosa abbiamo scelto ci sia, se anche per quello ci serve ogni singola sera un’altra maschera c’è soltanto da chiedersi se e quando il nostro viso potrà respirare, se e quando potremo guardarci davvero allo specchio e vedere un’immagine nitida riflesso su di esso. Se guardandola si è in grado di riconoscersi, se ci si è persi, dove e quando. Oppure se la maschera da giorno è l’unica che indossiamo, se nel bene o nel male siamo come siamo, se dopo il dovere viene il piacere, se in qualche modo esiste un’isola felice che possiamo raggiungere alla fine di ogni singolo, intenso, complicato lunedì.