Il primo giorno di scuola

Il primo giorno di scuolaprimo giorno di scuola

Nessuno può imparare qualcosa se non comprende per quale motivo lo sta facendo.

Oggi stavo scambiando due parole leggere, da bar, all’ora di pranzo. Alla ricerca di un argomento con cui accompagnare l’ora di pausa siamo approdati a un discorso coinvolgente: l’istruzione. Che cosa ricordiamo tra le cose che abbiamo appreso da piccoli e perché?

E così, ecco che la geografia è tornata nei nostri pensieri. Materia praticamente ignorata dai più perché non era fondamentale in nessun corso di studi, resa un’eterna cantilena che iniziava più o meno così: “l’Italia è una penisola bagnata da cinque mari, confina a nord con la Svizzera…”.

La geografia cambia solo dal punto di vista politico quindi è una di quelle materie che se studiate bene servono per tutta la vita, eppure io a scuola la geografia la odiavo. Gli estuari dei fiumi, le nazioni di confine, i capoluoghi di regione come possono appassionare qualcuno?

Se ci avessero semplicemente detto che domani saremmo potuti diventare grandi viaggiatori alla scoperta di terre vicine e lontane? Che quelle terre le stavamo studiando per comprendere la loro natura e i popoli che le abitavano e infine il modo in cui approcciarsi a loro?

Ora non dovremmo imparare da soli in quali mesi e in quali zone del mondo si manifestano monsoni e uragani, dove può essere pericoloso recarsi e perché. Metà dei Paesi che vengono citati ogni giorno, Siria compresa, la metà della popolazione (sono un’ottimista) non sa neanche dove sia ubicata. Fate una prova, mettete qualcuno davanti a un planisfero.

Io l’ho fatto, ma non voleva essere un esperimento, parlavamo della Costa Rica, mappa del mondo davanti, sguardo perso. <<Si trova vicino a Panama>>. Nulla. <<Mar dei Caraibi>>. Niente. <<A metà tra nord e sud America>>. Lo sguardo si è quanto meno allontanato dal lato destro della cartina. Io non so tutto, ma una volta, quando studiavo, sapevo molto meno. Diciamo il minimo indispensabile. Non sapevo perché fosse importante.

Se al mio collega Gabriele qualcuno avesse detto che dieci frasi di una lingua straniera a sua scelta lo avrebbero agevolato nella conquista di esotici amori estivi, forse si sarebbe dedicato con più abnegazione allo studio e chissà quelle conoscenze, di lingue e di amori, dove lo avrebbero condotto.

E spezzo una lancia anche in favore degli studenti che hanno trovato nella matematica uno scoglio melmoso. Ma perché invece di personaggi mitologici che preparano torte e riempiono vasche non si fanno raccontare da personaggi più terreni in cosa ogni giorno quelle nozioni tornano loro utili?

Io mi occupo di materiali avvolti in bobine. Nonostante siano conti elementari mi è giù successo che mi venisse chiesto come ottenere quel dato mistico: l’area di un rettangolo! Il rettangolo a scuola è un oggetto che occupa due quadretti in altezza e tre in lunghezza, se uno non immagina un poster, una fotografia, un lenzuolo da stendere, rimarrà un oggetto inutile che vivrà (e morirà) su un foglio di quaderno.

Ed è qui che voglio arrivare, sarebbe bello studiare all’esterno, vedere e toccare oggetti, vivere esperienze. Ma in mancanza al momento di questo tipo di duttilità sarà necessario portare fuori, dai libri di testo e dai fogli protocollo dei compiti in classe, la mente.

Perché questa possa formarsi, per fare in modo che anche l’istruzione più basica fornisca informazioni in grado di accompagnare per la vita, rendendo di fatto la cultura un bene primario. E’ una scommessa e un augurio che faccio a chi, da un lato o dall’altro, affronta un primo giorno di scuola.