SULLE PALLE DI CARTA STAGNOLA E LA MERENDA A SCUOLA

SULLE PALLE DI CARTA STAGNOLA E LA MERENDA A SCUOLA

Quando facevo le medie, il ventaglio di possibili merende era variegato: panino, cracker, merendina, fetta di torta. Quello che veniva da produzioni casalinghe era avvolto in chilometri di stagnola che, unendosi, formavano un non regolarissimo oggetto sferico, volto al gioco in aula. Valevano tocchi di: mani, braccia, calci, pugni, testa. In genere, gli urti accidentali necessari a salvare la sfera dall’impatto con il suolo, coinvolgevano gli oggetti contenuti su non meno di 2 o 3 banchi. Se qualcuno non si adirava prima, al suonare della campanella che decretava la fine dell’intervallo, il pallone finiva nel cestino per poi essere recuperato all’uscita.

C’era anche la focaccia bianca del fornaio vicino alla scuola: sottile, unta e calda. Ogni tanto Fabio, mio compagno dai tempi delle elementari, migliore amico e futuro primo bacio, ogni tanto la comprava anche per me. Io non ho mai comprato a Fabio la focaccia. Andavo a chiamarlo per uscire tutti i pomeriggi, qualche volta studiavo con lui, cercavo di dargli una mano nella risoluzione di conflitti familiari. Lui mi proteggeva dai ragazzi che non gli piacevano parlandomene malissimo. Io gli prestavo le dita della mia mano destra per intrecciarle con le sue, quando passavamo davanti a qualcuna che voleva far ingelosire.

I rapporti che ho visto funzionare, nell’immediato e a lungo termine, si basano su uno scambio. Di sentimenti, emozioni, attenzioni, favori, presenza. Ognuno dona quello di cui è capace, se entrambe le parti sono felici di dare e gioiose di quel che ricevono il rapporto è equilibrato e appagante,

E non c’è cosa più difficile.

Alla fine è per questo che con la palla di incarti di panini giocavamo in 18. Mentre per la focaccia bianca, calda, sottile e unta, eravamo solo in 2.

❤ cristinafelice.altervista.org ❤