VEDIAMOCI PRESTO
Mia nonna aveva in soggiorno un mobile imponente, occupava due pareti intere, angolo compreso. Vetrine, cassetti e ante, ognuno con la sua serratura e la sua chiave intarsiata. Quei pezzi d’arredamento di una volta, importanti e massicci, che dopo averli posizionati rimangono lì a vita, che quando svuoti una casa il marmo ha la sagoma più chiara.
Ci sono alcune persone che mi ricordano tanto quel mobile: ferme, stanziali, inamovibili.
Sono quelli del “dobbiamo organizzare” e “vediamoci presto” e poi non le vedi mai. Sono quelle a cui manchi sempre, ma mai evidentemente abbastanza per volerti davvero vivere e vedere, stringere e sentire.
Pensandoci meglio, nonostante la loro staticità, quel mobile, mia nonna e il suo soggiorno, avevano un grande dono: l’ospitalità.
Quell’immensa credenza conteneva amari e bicchieri di ogni foggia e dimensione, cibi dolci e salati, servizi di piatti e tazzine. Mia nonna elargiva più inviti della corte di Francia ai tempi del Re Sole e quel soggiorno era per eccellenza la stanza dell’accoglienza.
Da mia nonna ho ereditato tavolo, sedie e dono dell’ospitalità.
Insita invece in me, come le fossette e la mia scarsa tolleranza, c’è la capacità di raggiungere le persone a cui voglio bene, quanto più spesso possibile e a prescindere da dove si trovino.
Nel mio mondo tra il dire e il fare ci sono di mezzo solo una data e un mezzo per arrivare.
❤ cristinafelice.altervista.org ❤