Nel weekend dell’arte contemporanea sabauda, che ho seguito nei limiti di quanto la mia concretezza corporea mi consentisse, ho pensato a forme ed espressioni, ai canoni del bello, a quanto l’estetica influenzi le nostre vite e ho tratto alcune conclusioni.
Penso che bello è ciò che emoziona, quello che in qualche modo appaga i sensi, anche solo alcuni. Bello è bello per ognuno, quando l’estetica si trasforma in un veicolo di approvazione sociale, quando l’immagine scavalca quello che davvero ci fa stare bene, allora i problemi da risolvere sono altri.
Oggetti e persone, cose e rapporti devono assolutamente aggiungere qualcosa, altrimenti vuoto e solitudine sono un’opzione assolutamente percorribile. Bisogna circondarsi di felicità, di bontà, dare e ricevere amore, interesse, attenzioni, presenza, delicatezza, impegno, leggerezza, serenità, pace, passione.
So che l’arte contemporanea è difficile, che dobbiamo leggere milioni di didascalie, farci raccontare percorsi, dare un’interpretazione a qualcosa e poi scoprire che la nostra idea iniziale forse era meglio della realtà. Ma d’altra parte il rapporto creatore-fruitore è assolutamente libero, si può amare un artista, il suo percorso e tutte le sue opere, amare un’opera e detestare le altre, leggere quel che è stato scritto, o racchiuso, o desiderato, oppure semplicemente usare i nostri occhi per tradurre. E nessuno, tra questi approcci, risulterà mai sbagliato.