FARE DELLE COSE SENZA FARLE DAVVERO

FARE DELLE COSE SENZA FARLE DAVVERO

FARE DELLE COSE SENZA FARLE DAVVERO

Nell’immensità di ciò che trovo oscuro nel mondo, c’è tutto quello che è lontano da me, per attitudine o per abitudine. Mi documento a casaccio online su ogni sigla che narri un evento psicologico, anche dell’infanzia, che spieghi un disturbo (l’ultimo è il DOP – disturbo oppositivo provocatorio), molto interessante a mio avviso.

Mi è sempre piaciuto capire le cose ma non ho mai voluto fare l’ingegnera!

Tra le tanti menti che agiscono in modo opposto alla mia, che non è quella corretta eh, solo è quella che mi appartiene, c’è chi vive quasi unicamente la dimensione del virtuale. Un non luogo che non mi appartiene. Per questo quando sento racconti di persone che sono state felici in lockdown sollevo e sventolo un’enorme redflag.

Poi appunto leggo, mi documento, cerco di comprendere quel che mi circonda.

Dopo davvero molto tempo mi sono imbattuta in radio in un discorso sulle dipendenze da dispositivi elettronici vari ma anche dal p0rn0 e ho trovato illuminante questa frase: questa dimensione offre la possibilità di fare delle cose senza farle davvero. SBAM: Cercavo questa risposta da così tanto tempo e mai ci avevo pensato.

Sicuramente deficit e carenze mie, ma ho incastrato così tante tessere del puzzle.

FARE DELLE COSE SENZA FARLE DAVVERO

Onestamente avevo valutato tutto quello che per me era razionale e plausibile, non ho indossato le scarpe di nessn* altr*. E invece per capire chi è così diametralmente oppost* serve proprio fare dei passi a piedi nudi per andarle a cercare quelle scarpe usate e scomode, quelle che non ci calzano per niente e che neanche ci piacciano.

Ma un po’ ci piace chi le indossa evidentemente, altrimenti ci avremmo pensato meno.

Questo risolve qualcosa? Assolutamente nulla, almeno per chi non ha voglia, tempo o risorse per fare da fint* terapeuta a pinc*pall*, ma aiuta a darsi delle risposte, che in questo caso sì che ci riguardano. Per quanto si pensi spesso di essere risolti, almeno in alcuni ambiti, per certi piccoli pezzetti, basta un niente e il problema siamo noi.

Che può tranquillamente essere, ma non lo è sempre e necessariamente, quindi liber*.

Per una volta liberi dal senso di colpa, dalla paura di aver sbagliato l’approccio, di avere o esserci import*. Liberi di dire che siamo semplicemente diversi, che non si trattava solo di 2 disegni di puzzle diversi. I giochi, le vite, non potevano combaciare perché un* stava giocando con un puzzle sul tavolo e l’altr* con i Lego sul tappeto. In due case diverse.

💕 cristinafelice.altervista.org 💕

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